Se questo articolo fosse una lettera, molto probabilmente inizierebbe così:

Caro Sig. Phileas Fogg,

non mi sentivo così entusiasta per la visione di una serie tv dalla scorsa estate quando mandarono in onda la seconda stagione di Good Omens! E detto fra noi, con il Sig. Crowley Lei ha in comune molte più cose di quante ne possa immaginare… sappia, che in Suo onore, ho inaugurato una nuova penna stilografica e Le sto scrivendo con questa

Attendevo la messa in onda della mini serie tv Il Giro del Mondo in 80 Giorni da molto tempo: la tv nazionale pur avendone i diritti in quanto co-produttrice, per varie motivazioni procrastinò la messa in onda sino al Natale 2023: possiamo dire che il resto del mondo aveva assistito alle peripezie di Fogg e i suoi avventurosi amici da parecchio tempo e qui in Italia -forse- siamo stati gli ultimi, ma l’attesa è valsa l’intero viaggio. Unica pecca: è durata troppo poco, le 8 puntate sono praticamente volate via!

short promo tv

Visionai il 1° episodio su Rai2, ma le troppe interruzioni pubblicitarie avevano iniziato a innervosirmi, così ho seguito le restanti 7 puntate sulla piattaforma ufficiale RaiPlay-IlGiroDelMondoIn80Giorni: che goduria senza interruzioni! La trama è scivolata via meravigliosamente, delle battute sono state colte tutte le sfumature e anche le pause sono state cariche di pathos e attenzioni. Le musiche per certi versi mi hanno ricordato altre colonne sonore, per l’esattezza la trama musicale di Sherlock Holmes interpretato da Robert Downey Jr… poi sono andata a controllare chi fosse il compositore per entrambi i progetti e guarda un po’, lo stesso Hans Zimmer: possiamo dire con certezza che la sua arte è inconfondibile!

Nei primi minuti, il personaggio di Phileas Fogg ha suscitato in me le stesse emozioni contrastanti che mi procurò il personaggio del “non proprio demone” Crowley: assolutamente irritante e totalmente affascinante. In fondo credo che tutti a primo acchito appariamo irritanti, se visti solo in superficie, no? Ma dietro la maschera di convenzioni sociali e muri innalzati a mo’ di scudi per proteggerci dal mondo esterno, qual è il nostro vero essere?

E le forze che ci dominano, o meglio, da cui ci facciamo dominare, ci fanno apparire più codardi o indomiti?

Il giro del mondo in 80 giorni è un romanzo d’avventura del francese Jules Verne, pubblicato per la prima volta nel 1872; in questo rifacimento per la televisione, la regia è stata affidata a Steve Barron (puntate 1,2,3,4,6,8), Brian Kelly (episodio 5) e Charles Beeson (episodio 7); commissionato da France Télévision, ZDF e Rai con partener in coproduzione Stati Uniti e Belgio. Le riprese sono state realizzate nel Regno Unito, Francia, Sud Africa e Romania.

Ciò che ho apprezzato maggiormente in questo lavoro (oltre la fotografia pazzesca: mi hanno colpito moltissimo le scene con la mongolfiera e nel deserto, con i suoi colori avvolgenti) è l’assoluta accessibilità narrativa che va a rivolgersi tanto ad un pubblico più maturo quanto ad un pubblico più giovane, così da consentire a ciascuno -in base alla propria sensibilità- di coglierne sfumature differenti. Il tutto viene attraversato da una elegante ironia che ben tiene assieme tematiche (anche molto attuali) e caratteristiche di ogni personaggio. Sul web ho letto che alcuni hanno criticato determinate “sfaccettature moderne” presenti in questo lavoro, ma io mi chiedo: a cosa servono i classici se non per aprirci gli occhi e farci meglio comprendere il presente e la quotidianità nella quale siamo immersi?

Questa avventura del sig. Phileas Fogg (David Tennant), della sig.na Abigail Fix (Leonie Benesch) e del maggiordomo Jean Passepartout (Ibrahim Koma) vanno a sottolineare non solo il carattere avventuroso dell’impresa a cui sono chiamati (a chi non piacerebbe andare in lungo e in largo per il mondo, visitando ogni suo angolo e incontrando nuove culture con le quali contaminarsi positivamente?), ma vanno a forgiare il loro stesso animo e carattere dei personaggi protagonisti e noi spettatori con loro.

Abigail Fix incarna quelle caratteristiche proprie della sfrontatezza giovanile, dell’ardore nell’impresa e del dimostrare la qualità del proprio valore e la purezza dei propri sentimenti (tutte sfumature che fanno pensare ai cavalieri dei poemi epici: a tal proposito non è errato pensare ad Abigail come ad un cavaliere se si ripensa alla scena del saloon nell’episodio 7 e a come abbia salvato i suoi compagni di viaggio);

Jean Passepartout invece con il suo vivere di espedienti e quel suo fuggire continuo, fa pensare a quei ragazzi di strada nei romanzi di formazione che -solo quando si troveranno innanzi a “questioni di vita o di morte” comprenderanno e metteranno in pratica la loro lealtà e nobiltà d’animo;

il cattivo per eccellenza Nyle Bellamy (Peter Sullivan) si approfitta delle debolezze e delle sofferenze altrui, manovra a piacere gli eventi perché è tronfio e pieno solo di se stesso non avendo nessun rispetto per gli altri soprattutto verso chi gli si dimostra amico e addirittura si insinua come una serpe nelle vite altrui, godendo per i patimenti degli altri perché subdolo.

Ancora, Bellamy non ammette il fallimento della propria vita, che ha condotto spudoratamente al di sopra delle proprie possibilità. È solo (pur vivendo circondato dalla “società bene”) e tale rimarrà per quelle che sono le leggi del contrappasso.

Prima di parlare del protagonista della serie tv, è doveroso fare un plauso al suo interprete David Tennant: è inutile negarlo, gli attori che non si limitano allo schermo, ma che conoscono molto bene anche il palcoscenico, hanno -senza ombra di dubbio- una marcia in più e David, eccellente rappresentante della scuola shakespeariana, ne è la prova: ha una capacità disarmante nell'”ipnotizzare” lo spettatore e ogni ruolo che incarna è così vero, credibile e reale al di là delle epoche, delle caratteristiche e dell’architettura sociale a cui il personaggio -qualunque esso sia- appartenga.

Il protagonista Phileas Fogg è un po’ tutti noi: irritante per via della sua astrazione sociale eppure riservato; schizzinoso eppure in grado di provare nuove cose, dimostrando di avere anche una bella capacità di adattamento; ciò che appare a prima vista come essere tonto, impacciato e poco sveglio, in realtà va a sottolineare la sua quasi puerile e candida ingenuità perché delicato, di quella delicatezza che lo induce a vedere bontà in tutti e di cui tutti -in realtà- si approfittano;

è quindi un uomo complesso (le cui contraddizioni emergono nello struggimento totale per Estella e la sua apparente incapacità nel compiere una scelta), che se posto però di fronte ai bivi, sa cosa scegliere perché conosce -grazie alla sua sensibilità- tanto il suo quanto l’altrui valore. Certo imbarcarsi per un viaggio è assai diverso che “imbarcarsi per l’avventura chiamata vita” e alcuni uomini come Fogg hanno bisogno di una “spinta” e di qualcuno che creda fortemente in loro per avventurarsi e vivere appunto -anche nel cuore dell’altro- ma non è mai troppo tardi per decidere la propria rotta e dove il viaggio deve condurci.

Il giro del mondo in 80 giorni non è solo una storia avventurosa con peripezie e prove da superare, ma è un luogo anche dove si ride e si temprano gli spiriti, ma è anche ciò che lo stesso Jules Verne descrive così:

Alcune strade portano più a un destino che a una destinazione

…e allora assecondiamo la corrente e lasciamoci guidare dalle onde con occhi nuovi, compagni su cui contare e un pizzico di follia che non fa mai male.

2 Grazie per il tuo Tempo ed il tuo Amore