I Seydou e i Moussa che non vogliamo vedere

Con il mio gruppo di amiche non ci sembrava vero che un film da poco presentato all’80ª Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia e che tra l’altro si è aggiudicato il Leone d’Argento + il Premio Mastroianni per il miglior interprete emergente, fosse già arrivato nelle sale più vicine a noi (di solito passano parecchie settimane prima di poter vedere un “film nuovo“), così non abbiamo perso tempo e siamo andate. Il film in questione è Io Capitano del regista e sceneggiatore Matteo Garrone.

Trailer ufficiale di “Io Capitano

È il 23 settembre, 1º giorno di una nuova stagione eppure qui sembra ancora estate: oltre 30°, vento di scirocco a tratti rovente, all’orizzonte addirittura sono percepibili nuvoli di sabbia

In sala (sala unica di un piccolo cinema di provincia) siamo si e no una ventina di spettatori. Ammetto di non aver visto la filmografia completa di Garrone e di ciò che ho visto, alcune cose mi hanno colpita altre cose no, ma solo per una questione di stile che non sempre mi convince in verità però devo dargli ragione quando sul suo profilo instagram cita Federico Fellini:

Non esistono film belli o brutti, ci sono solo film vivi o morti

e devo ammettere che le sue realizzazioni, nonostante alle volte non mi convincano, sono sempre molto vive.

Inizia il film e subito veniamo catapultati nella realtà che i cugini Seydou e Moussa si ritrovano a vivere. È una realtà fatta di case piccole e dignitose dove in una stanza si dorme in 8, direttamente sui materassi a terra; una realtà dove la madre -rimasta vedova- manda avanti la famiglia con sacrificio e impegno per poter garantire un’istruzione adeguata a tutti i suoi figli e dove il primogenito -sentendo il “peso della famiglia”- cerca di aiutare come può e come sa, senza badare alla fatica, alla sua giovane età, al pericolo…

Non vi sembra questo incipit così “familiare”, così vicino alla nostra storia? Dove nel periodo post-bellico la condizione socio-economica che vivevamo era esattamente questa? Quindi mi chiedo perché queste persone le percepiamo così “diverse” da noi?

I minuti passano, la narrazione prende direzioni nuove senza ritorno e ripensamenti e a me sembra che tutta quella sabbia che vedevo fuori prima di entrare in sala a causa dello scirocco, ora è tutta lì: sullo schermo, fra i posti a sedere, riempie ogni cosa, ricopre ogni cosa, la senti dappertutto la sabbia, soprattutto negli occhi, che come argini di un fiume troppo gonfio non si contengono più.

Garrone è riuscito a rendere percepibile e quasi tangibile la vastità sia del deserto sia della stessa Africa, dove le distanze non si misurano in metri ma in numero di giorni di viaggio, dove gli orizzonti sembrano fissi, eternamente immobili. E in questa vastità che si fa immagine, diviene ancor più stridente e agghiacciante sentire il politico di turno dichiarare “rimandiamoli indietro” o “prendano l’aereo“.

L’aver scelto di narrare il film dal punto d vista dei giovani protagonisti è stata a mio avviso una scelta vincente… chi come me segue ogni venerdì il programma tv su La7 Propaganda Live (e prima ancora Gazebo su Rai3) presentato da Diego Bianchi, sa che più o meno a metà serata c’è il “momento del documentario”. Diego e il suo gruppo molto spesso si occupano di migrazioni, periferie, sud del mondo, luoghi e persone a cui quotidianamente non pensiamo e in una di queste puntate, la giornalista Francesca Mannocchi, ci mostra il suo reportage da un centro di detenzione libico

o ancora dello stesso Diego celebri sono i suoi reportage riguardanti le zone di confine o gli sbarchi a Lampedusa (forse tra i più toccanti quello del 16 febbraio 2015 quando allo sbarco venne ricollegato Sanremo aggiungendo nuovo significato ad immagini e parole cantate da Il Volo e che è possibile recuperarne un estratto sulla piattaforma La7 dal minuto 1:32:07 dell’ultima puntata andata in onda); insomma questo per dire che conosciamo sempre il “dopo”, non pensiamo mai al “durante” e Matteo Garrone vuole mostrarci proprio questo con Io Capitano. È un durante difficile da accettare e da vivere e questi novelli Ulisse si avventurano nell’Odissea della vita con in tasca l’incoscienza dell’adolescenza e il desiderio di riscatto minato da terrore e morte e disumanizzazione.

L’aver poi scelto di inserire degli elementi di realismo magico all’interno del film, ha fatto sì che eventi traumatici e dolorosi si “alleggerissero”, donando loro una bellezza eterea e poetica alla drammaticità che si stava compiendo.

Le scrittrici Valeria Parrella e Chiara Valerio dai loro profili del social X, hanno espresso il loro parere riguardo l’ultima idea del governo di chiedere ai migranti una somma in denaro (di quasi 5000€) per non essere rinchiusi nei centri per il rimpatrio: la prima suggerisce di prendere posizione, la seconda parla di pizzo ed io la penso come loro. È ignobile e vergognosa una richiesta del genere: che fine ha fatto/sta facendo l’umanità? La vita non la si può fermare con un centro detentivo o con la richiesta di denaro, la vita è come l’acqua e la strada per scorrere la trova.

L’umanità si è sempre spostata nel corso delle ere, tanto per i cambiamenti climatici, quanto per migliorare o salvarsi la vita e flussi così non li fermi, non puoi fermarli. Solo quando queste persone saranno viste come opportunità uguali in tutto e per tutto a noi, forse solo allora si potrà ragionare su come gestire il tutto in maniera regolare e seria. Fino a quel momento sarà solo odio e passerella sotto i nostri occhi, che continueranno a non voler vedere i tanti Seydou e Moussa che avanzano.

Auguro tutto il bene possibile a Io Capitano e spero riesca a smuovere qualche cuore indurito dall’acqua troppo salata del mare grosso che impervia.

3 Grazie per il tuo Tempo ed il tuo Amore