E così anche per questo anno la tre giorni di festa che ripopola il centro storico di Castrovillari (CS) volge al termine. Come vi avevo anticipato qui in Gallery mostrandovi alcuni scatti dal primo giorno di “baldorie” (soprattutto in zone che non si visitano sempre e che hanno catturato la mia attenzione), questi tre giorni -come dicevo- sono stati il palcoscenico per spettacoli musicali, stand enogastronomici, show cooking, mostre, arte urbana e visite guidate. Ma tra l’inizio e la fine vi sono state delle differenze sostanziali:

  • Giorno 8 settembre: i vicoli sono stati presi d’assalto da una fiumana di gente incontrollabile. Non si riusciva neanche a camminare in alcuni punti, sebbene il tutto fosse intriso di risate, incontri, colori, ebbrezza gioiosa e contagiosa.
  • Giorno 10 settembre: le persone presenti arano all’incirca la metà del 1° giorno: il calo dovuto quasi certamente all’essere domenica dato che l’indomani la maggior parte delle persone sarebbe tornato a lavoro o forse, causato da altri eventi nei paesi limitrofi e quindi vi è stata una “selezione naturale” del pubblico.

La mancanza dell’affollamento isterico ha fatto sì che si potesse attraversare le stradine e vivere i relativi eventi con molta più tranquillità, fermandosi ad osservare, sostare, partecipare e perché no, anche riflettere. E ciò mi ha permesso di realizzare molte più fotografie rispetto alla 1a serata.

Certo ho gustato un paninazzo con porchetta, una birra rossa che scendeva giù che era una meraviglia e concluso il tutto con un mega gelato davvero ottimo. Ma ho “gustato” anche altro: ad esempio ho potuto ammirare con la dovuta attenzione i colori e i soggetti dei quadri appesi non solo per strada, ma anche alla mostra collocata all’interno del Castello di Castrovillari e fra tutti quei colori spiccava il bianco e nero della creazione dell’artista saracenaro Francesco Gagliardi.

Ho potuto ammirare la fine di uno spettacolo di bolle di sapone, parte di un concerto di jazz, maschere, addobbi, ancora Madonne che spuntavano quasi a voler sorprendere lo spettatore, ma…

…ma c’è una cosa che mi ha colpito molto. Sto parlando della mostra sulla Legalità. Il primo giorno, come ho detto in precedenza, la gente era talmente tanta che non solo non vi è stato modo e tempo di “viverla” a dovere questa mostra, ma non mi ero resa nemmeno conto che le stanze allestite erano 3 e non 2.

Andiamo con ordine: Il Castello di Castrovillari ha origini tardo-medievali, ristrutturato nel 1490 da Ferdinando D’Aragona e dal 1495 al 1995 fu adibito a carcere; dopo il 1995 è stato nuovamente rimaneggiato (affatto bene, secondo me) sino ad avere l’aspetto odierno. Quindi collocare all’interno di un ex-carcere una mostra sulla Legalità è una scelta ponderata e nient’affatto banale. Quasi a voler dire: “ci si può liberare! Dal marcio, dalle sbarre soprattutto mentali, dalla malavita“.

Quasi certamente la mostra è nata in collaborazione con un lavoro scolastico (e dico “quasi certamente” perché l’ho dedotto dalle opere poste all’entrata, dato che non vi era nessuno a cui poter chiedere!!).

Nella 1a stanza, all’interno dell’ex cella e sulle pareti del breve corridoio vi è l’installazione con foto, articoli di giornale ed oggetti riguardanti Peppino Impastato, Aldo Moro ed altri attentati.

Nella 2a stanza troviamo reperti fotografici, fumetti, ancora articoli di giornale e parti d’automobile richiamanti gli attentati ai giudici Falcone e Borsellino e al generale Dalla Chiesa, più un ritratto di Leonardo Sciascia che nel 1979 si candidò al Parlamento Europeo e che una volta eletto si occupò dei Lavori di Commissione d’Inchiesta sulla Strage di Via Fani.

Ma è la 3a stanza che appare come un “pugno nello stomaco” (non che le altre non lo siano, ma essendo più “conosciute e studiate” -passatemi questi termini forti e provocatori- sono appunto “stragi conosciute” ed è il non conosciuto che ancora oggi sgomenta). Ammetto l’ignoranza sulla Strage di Pizzolungo avvenuta nel 1985, dove persero la vita Barbara Rizzo ed i suoi bambini Salvatore e Giuseppe (io nascerò qualche anno dopo, per questo la mia mancanza sull’accaduto anche se il “non esserci” non può essere una giustificazione). Vedere a terra giocattoli, peluche, un grembiule scolastico, nonché la foto ritraente le vittime, mi ha fatto venire la pelle d’oca.

Le stanze sono sovrastate da fili colorati di lana, quasi a voler significare che tutto è collegato e tutti siamo collegati. E sì perché le mafie devono poter impensierire tutti e tutti dovremmo schierarci e prendere posizioni, perché -le mafie- non possono riguardare solo coloro che ne vengono colpiti e non possono essere depennate solo dal lavoro degli inquirenti, ma bisogna fare fronte comune perché solo così si può ostacolare il male. E per poter fare fronte comune é necessario partire dal basso, insegnando il rispetto reciproco, istruendo alla bellezza, studiando, allenarsi a pensare con la propria testa, tendere una mano gentile… ma si può parlare di grandi tematiche, di bellezza e gentilezza se a mancare è l’educazione?

E per educazione mi riferisco a quella basilare in primis (che dovremmo aver ricevuto tutti sin da piccoli) oltre all’educazione allo studio di ciò che è stato. E sì perché a cosa mi serve collezionare o postare sui social foto ad esempio con i segnalibri della Legalità solo per far vedere di averli a nostra volta se di quelle parole stampate sopra non apprendiamo nulla e non divengono per noi un monito?

A cosa serve porre una “mostra sulla Legalità” all’interno di un festival sul tema “Radicarsi” se poi in molti -completamente privi di inibizione- passeggiavano tra i vicoletti ruttando (!) come se nulla fosse; o se alla fila per i gelati, degli uomini (uomini adulti non bambini capricciosi!) hanno pensato bene di infischiarsene della fila perché -loro- volevano subito il gelato, o ancora, durante uno show cooking sulla pizza con relativi assaggi vi sono state persone che non si sono spostate dal bancone perché “dovevano mangiare gratis” (nonostante fossero stati invitati a spostarsi) non lasciando anche ad altri la possibilità di godere di quel momento? O ancora fermarsi a leggere il libro delle firme alla mostra di pittura e trovarci dentro solo insulti perché oggigiorno denigrare e dire cattiverie fa tanto ridere (!).

Ecco, è da queste piccole e apparentemente insignificanti cose che bisogna -urgentemente- avviare un lavoro di rieducazione al rispetto reciproco.

C’è bisogno di ritornare a vedere l’Altro non come un bersaglio, ma come un’opportunità per migliorarci. Riscoprire gli occhi e l’impegno dell’altro facendogli posto intorno e dentro di noi. Altrimenti tutte queste mostre, questi incontri, queste belle parole sulla Legalità non sono altro che passerella fredda e sterile come le bianche ed austere pareti di un carcere che non sa migliorare ed educare. Solo quando avverranno questi piccoli insignificanti cambiamenti si potrà forse parlare di grandi tematiche, trovare una soluzione unanime e comprendere che siamo realmente tutti collegati come fili di lana colorati.

3 Grazie per il tuo Tempo ed il tuo Amore