Quando nel bicchiere c’è molto di più.

In una serie TV che ho finito da poco di vedere (Good Omens, scritta da Terry Pratchett e Neil Gaiman) e di cui parlerò prossimamente -non appena terminerò di leggere il romanzo da cui è tratta-, il protagonista Crowley (un Angelo molto curioso, che pone domande ed è “sceso giù” e giù si trova decisamente bene!) ha una caratteristica: ama i vini rossi e ne beve con gusto ed eleganza da una bottiglia che sembra non avere fondo, per quanto la bevanda ne sgorga senza mai terminare.

Questa cosa mi fa parecchio sorridere e sebbene sia una narrazione fantasy-satirica mi suggerisce degli interrogativi: si può bere senza fine e senza stancarsi? E poi il vino rosso… a lungo andare non lascia un cattivo sapore in bocca? Per farla breve: io di vini non so proprio nulla.

Poi si presenta un’occasione che “mi stuzzica” per varie motivazioni. Lo scorso 29 agosto 2023, presso Palazzo Mastromarchi a Saracena (CS) ha preso il via L’accademia della Terra, progetto ideato da Gagliardi & Associati, Centro per la Valorizzazione dell’Agroalimentare Meridionale e Vinocalabrese.it: come si legge dal loro sito internet ufficiale

un progetto inedito

di formazione sul tema Agricoltura rivolto ai giovani che vogliono investire nella terra, ai piccoli produttori, ai titolari di aziende agricole, agli operatori di settore e ai comunicatori

e nonostante la partecipazione alle 7 lezioni programmate sia totalmente gratuita (previa registrazione) confesso ero molto scettica e per alcuni aspetti lo sono ancora.

  • Note negative: si può parlare di vino in un palazzo storico-baronale? Forse si, ma forse anche no, per via delle pareti spesse che dividono le grandi stanze e non hanno permesso a noi iscritti di guardarci, di interagire più fluidamente fra noi e confrontarci (abbiamo avuto bisogno di un microfono per comunicare da una stanza all’altra); così come la location -ad oggi- sinceramente non l’avrei scelta per via dei lavori di ripristino che il centro storico sta subendo e quindi più che entrare in un borgo si entrava/attraversava un cantiere… magari in altre circostanze più idonee sarebbe risultata una location perfetta.
  • Note positive: mi sono divertita parecchio e ora vi dico perché.

Il mio scetticismo deriva dall’idea cibo/vino che viene mostrata tramite i film: vi è tutta una serie di lavori tanto cinematografici quanto d’animazione dove le storie d’amore in cucina sono “condite” da chef e/o sommelier con evidenti problemi col proprio ego, magari con precedenti per violenza, uso di droghe o debiti con malavitosi di vario livello e sono letteralmente ossessionati dal cibo/bevanda; per non parlare dei critici alla Anton Ego di Ratatouille della Disney-Pixar, incarogniti dalla vita votati solo ed unicamente alle prestazioni tecniche, avendo perso completamente la propria anima e l’amore per cose e passioni. Ebbene, non ho trovato nulla di tutto ciò (o almeno non mi è parso di imbattermi in esperti di settore con un lato nascosto da potenziale serial killer come avviene in The Menu, presente sul catalogo Disney+).

Il sapore del successo – trailer (2015)
clip flashback su Anton Ego in Ratatouille – (2007)
Chef – la ricetta perfetta (trailer 2014)
The Menu – trailer (2022)

La prima lezione è stata tenuta da Matteo Gallello (cofondatore del magazine Verticale e della rivista Bromio, conduce corsi e seminari sul vino in tutta Italia; ha una particolare predilezione per la storia e la cultura vitivinicola mediterranea) interamente incentrata sul “che cos’è un vino di territorio?” e devo ammettere che sentir esporre una tematica così complessa citando anche l’antropologo prof. Vito Teti, di cui sono estimatrice e seguo sui social, mi ha parecchio sorpresa e spiazzata. Dopo l’introduzione teorica si passa alla parte pratica: degustazione al buio! Nel senso che le bottiglie erano coperte, in modo tale da non farci influenzare (insomma una cosa “semplice semplice” per la prima degustazione della mia vita, no?). I vini da scoprire erano 8 in tutto, suddivisi in due coppie di bianchi e due coppie di rossi con caratteristiche uguali per ogni coppia (stesse uve, stessa annata, diversi produttori alle volte distanti solo pochi chilometri tra un’azienda e l’altra).

Iniziano a versare gli assaggi e mi chiedo “e ora, come si fa?”, mi guardo a destra e a sinistra e beh si, ho “copiato” i gesti dei miei vicini di panca… sicuramente, mi sono detta, quei gesti precisi serviranno a qualcosa… e si, sono serviti e sebbene non avessi mai partecipato ad una degustazione sino a quel momento, credo di aver capito delle cose: il vino ha bisogno di tempo per lasciarsi scoprire e per far sì che “ci narri” spontaneamente il suo vissuto e le sue caratteristiche, senza timidezze, senza forzature e se poi i sensi e le papille gustative ci assistono, è possibile sentire quasi “ogni cosa” della loro complessità. Per farvi capire: i vini che mi sono piaciuti di più e che mi hanno colpito più di tutti sono stati il bianco n.3 (su cui ho azzardato coraggiosamente davanti a tutti anche cosa ne percepissi all’assaggio e sulle note volatili non sono andata poi così lontana) ed il rosso n.7, entrambi però per motivazioni completamente diverse.

Il n.3 era assai complesso, ricco di tante sfumature, con un bel colore opaco con note dolciastre -io sentivo una sorta di caramello tenue- e petali di rose, ma come mi ha fatto notare Monica Florio (potete seguire le sue fragranti creazioni qui: https://www.instagram.com/panestorto_/ e per inciso: che bello vederla narrare orgogliosa dei suoi stortini sempre in fase di sperimentazione!): “assaggialo ora, senti come si è aperto rispetto a prima?” e aveva ragione, era un vino completamente diverso, ora sapeva di pera per dire. Cosa più complicata il n.7, mentre il parere unanime degli altri era che “a naso” risultava un po’ “sgradevole”, a me invece ha fatto fare un balzo richiamando alla memoria un piatto che faceva mia nonna: le sarde pressate in un vaso di creta intervallate dal peperone crusco!!! Forse un buon vino ha anche questo potere, il richiamare alla memoria le cose belle, non solo raccontare una porzione di territorio.

Interessante sentire il parere di Eugenio Muzzillo (https://www.terredelgufo.it/) totalmente opposto al mio oppure vedere i silenziosi Francesco e Laura De Franco (https://www.avitavini.it) prendere appunti, ragionando e riassaggiando. Troppo simpatico Roberto Polisicchio (https://www.instagram.com/goar_7/?hl=it) che nelle retrovie ci ha fatto sorridere di gusto.

Ecco, degustare e parlare di territorio alla fine è anche questo: conoscere non solo nuovi sapori, ma anche nuove e belle persone.

6 Grazie per il tuo Tempo ed il tuo Amore