Sarà stato il caldo infernale di questi giorni o forse una disattenzione, o più semplicemente mi sono sbagliata, capita di sbagliare. Insomma, è sera, sono annoiata, infastidita e così decido di mettere su un film. Un film leggero però, che non mi faccia pensare, che possa farmi trascorrere un paio d’ore più o meno senza impegno, che possa distrarmi da quel nulla pieno del quotidiano e così ho cliccato play su La primavera della mia vita che vede al loro debutto Colapesce e Dimartino. Mai errore fu più fatale!!

Trailer ufficiale

E si, perché questo film tutto è tranne che leggero; tutto è tranne che un “filmetto da niente”, un divertissement. Certo all’inizio ne ha anche l’aria. Quell’aria “disadattata” di chi è o appare fuori contesto, fuori realtà, avviluppato in epoche passate (la patina di cui è rivestita l’opera mi fa pensare agli anni ’70). Man mano che il tutto si srotola e acquista di senso, ci si rende conto che questo film del regista Zavvo Nicolosi è talmente pieno di cose che non basta una sola visione per recepirle tutte e che nonostante sia così pieno non è affatto pesante ma anzi si mostra “leggero“, di quella leggerezza sbadata a tratti puerile eppure consapevole.

Ad esempio, non te le aspetti delle suore sommozzatrici e scafiste, così come non ti aspetti dei giganti nani o dei pirati in costume da bagno, eppure proprio questo apparente e stralunato nonsense non è altro che il capovolgimento di una realtà sempre meno poetica, fantastica e ricca di incanto. Ma non solo: il film della durata di 95 minuti, prodotto da Wildside, Vision Distribution, Sugar Play, si presenta come appartenente al sottogenere cinematografico dei buddy film-road movie: coppia di amici con diverso carattere che compiono un viaggio per poter risanare il loro rapporto incrinato da incomprensioni e proprio in questo viaggio che sembra infinito, le citazioni non si contano (solo per citarne alcune fra le più evidenti: l’attraversamento di una stanza con quadri sullo sfondo non fa tanto sigla della serie The young Pope di Sorrentino? O ancora l’avanzare sulle colline nere ed arse non riprende forse una clip di Porcile di Pier Paolo Pasolini? Il club esclusivo non vi riporta forse alla mente il film Urlo del 2010 sul poeta della beat generation Allen Ginseberg? Alla fine vi è anche un po’ di Boris, per quegli “effetti speciali a zero budget“… tutte le altre trovatele voi).

Sigla della serie “The Young Pope” di Sorrentino, 2016
Clip da “Porcile” di Pier Paolo Pasolini, 1969

E così, in questo turbinio di rimandi e richiami della memoria, ecco che affiora anche un significato se vogliamo religioso e per dirla con Kahlil Gibran:

La tempesta è capace di disperdere i fiori, ma non è in grado di danneggiare i semi

e quindi l’invito è spogliarci di tutti quegli orpelli che ci soffocano, c’è necessità di “ritornare al seme delle cose“, all’essenziale per poter rifiorire nuovamente come un mandorlo e contribuire a donare bellezza a questo mondo di cui non ci prendiamo più cura.

3 Grazie per il tuo Tempo ed il tuo Amore