Qualche sera fa -grazie alla piattaforma Prime Video– sono riuscita finalmente a recuperare il film La Stranezza, giunto nelle sale italiane lo scorso 27 ottobre 2022; prodotto dalla BiBi Film, per la regia di Roberto Andò, che vede fra gli interpreti principali Toni Servillo ed il duo Ficarra e Picone.

L’opera dura 103 minuti ed incarna perfettamente quella commistione di generi che spaziano dalla commedia, al drammatico, allo storico e al satirico. Il tutto è ambientato in una Sicilia degli anni ’20 dove la piccola meschinità quotidiana (fatta di desolante ed avvilente povertà morale e materiale) va a sovrapporsi ad una irrequietezza creativa dove tutto sembra caotico ed illogico, ma ciò non fa altro che alimentare quella positiva follia creatrice che guizza dalla fantasia di chi, proprio quella meschinità, vuole andare a scardinare.

Come mio solito non racconterò la trama (se ve la dico io poi che senso ha vedere il film?): mi limiterò a ripostare il trailer ufficiale e a raccontarvi le mie impressioni.

Ebbene, questo film l’ho adorato! Non solo perché dal punto di vista creativo è in grado di narrare bene cosa significhi per un Autore il tormento del non riuscire a trovare il giusto ingranaggio per poter dare sfogo alle “stranezze“, alle “voci di dentro” e in questo specifico caso mi tornano alla mente le parole di Joseph Conrad:

Come faccio a spiegare a mia moglie che quando guardo fuori dalla finestra sto lavorando?

Già, perché la realtà è la più grande fucina di storie e personaggi che mai nessun drammaturgo o sceneggiatore potrà mai eguagliare, basta solo osservare bene e con attenzione perché “fare Teatro significa vivere davvero ciò che gli altri, nella vita, recitano male” (Eduardo De Filippo). E pazienza se poi qualcuno si riconosce e non gli va a genio ciò a cui sta assistendo, anzi, proprio questo è il compito degli Autori e del Teatro: spogliarci dalle nostre maschere e riconciliarci col nostro io più profondo, andando a scoperchiare tutti quegli altarini che innalziamo per apparire esattamente l’opposto di ciò che siamo, portando scompiglio e punti di vista divergenti.

Un altro motivo per cui ho adorato il film di Andò è -rapportato al nostro presente-: quante persone appaiono solo come la parodia di se stesse, sentendosi superiori alle altre (illudendosi di averle in pugno), “recitando” una parte completamente opposta al loro modo di essere; che si appropriano della vita degli altri con false smancerie, adulazioni costruite ad hoc, attenzioni che in realtà sono votate solo al loro tornaconto personale, seguendo la logica dell’avidità -materiale e sentimentale- consci solo del loro più asfissiante egocentrismo? Troppe direi ed i social, se possibile, hanno anche amplificato il tutto. Ma il giusto finale -che non per forza deve essere “lieto” e non per forza deve avere un “punto”- prima o poi arriva, perché un Autore lo sa “senza conflitto con c’è storia” e chi non è uguale unicamente a se stesso, può solo continuare a “recitare male” pur insistendo nel voler essere accontentati.

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