Cose del pubblico che non capirò mai o forse: le capacità perse dello spettatore e l’analfabetismo funzionale.

Non sono stata costante nella visione della terza stagione de L’Amica Geniale tratta dai romanzi dell’autrice Elena Ferrante, così ho visionato il prodotto in “differita” recuperandolo sulla piattaforma RaiPlay ed in tutta onestà, lo stupore del pubblico (soprattutto quello dei social) per l’ultima puntata che è stata trasmessa sinceramente non lo capisco.

Leggevo in rete di un grandissimo colpo di scena “inimmaginabile“, di un “effetto wow!” da lasciare senza parole soprattutto in previsione della futura 4ª stagione, ma io tutta questa sorpresa non l’ho affatto riscontrata. Con questo non voglio dire che mi ritenga più intelligente fra tutti gli spettatori o che l’opera non mi sia piaciuta anzi, ma questa percezione esagerata da parte del pubblico mi suggerisce che vi è un qualcosa che non va e non nel prodotto presentato.

Ma andiamo con ordine, altrimenti non ci capiamo. Cosa è successo di così particolare nell’ultima puntata della 3ª stagione? Viene mostrata l’attrice che interpreterà Lenù in un’età un po’ più matura e questa attrice è Alba Rohrwacher. Proprio la Rohrwacher è la fonte della sorpresa: ma quale sorpresa in definitiva? La sua apparizione in video è stata soltanto -a mio avviso- la logica conseguenza a ciò che abbiamo assistito fin qui.

Le vicende mostrate sullo schermo, sin dalla primissima stagione, hanno sempre avuto una voce narrante e questa voce è sempre stata proprio della Rohrwacher. Questo cosa ci fa capire? Ci fa capire che siccome la voce narrante in questo caso racconta in prima persona, per forza doveva essere la voce della protagonista e siccome la voce narrante si inserisce nelle vicende mostrate o per sottolineare un particolare stato d’animo o una particolare vicenda vissuta da Lenù o per farci ascoltare ciò che Lenù pensa ma non osa dire, secondo voi, questa voce narrante e che racconta in prima persona, poteva mai essere un personaggio diverso da Lenù? Ovviamente no e nemmeno è possibile confondersi o “smarrirsi” nel modo in cui il personaggio viene mostrato.

Anzi, forse al pubblico sfugge un “particolare” questo si molto interessante: la 1ª puntata della 1ª stagione inizia con una telefonata nel cuore della notte di un certo Rino verso una donna matura, enormemente spaventato perché sua madre è sparita portandosi via tutto e cancellandosi dalle foto in cui comparivano assieme. Per farla breve: nella serie TV le vicende iniziano ai nostri giorni ma con la telefonata/scomparsa che si pone come incidente scatenante dell’intera narrazione, parte il racconto vero e proprio di ciò che è successo e la protagonista la “prende alla lontana” partendo dalla loro infanzia (unico modo per fare comprendere le complesse sfaccettature dei personaggi e del loro mondo). In poche parole, quello a cui abbiamo assistito sino ad oggi non è altro che un enorme gigantesco e lunghissimo flashback! Quindi è normale che piano piano ci stiamo avvicinando anche visivamente (e non solo dal punto di vista uditivo) ai personaggi per come realmente appaiono nel presente narrativo.

Il linguaggio cinematografico fatto appunto di flashback, visioni, utilizzo dell’immaginazione stessa dei personaggi, sovrapposto alla voce narrante, ai costumi, alla contestualizzazione storico-sociale e ad una fotografia cangiante e puntuale, ci accompagnano gradualmente verso quelle domande che sono state seminate nella prima parte della prima puntata della prima stagione (cosa è successo? che fine ha fatto? perché è sparita? perché ha cancellato la sua immagine?) e che ancora non trovano risposta e che non possono cadere nel dimenticatoio dello spettatore.

Certo fruire di un prodotto in puntate mi rendo conto possa divenire complicato da seguire per le tante cose che accadono in ogni capitolo e in questo le interruzioni pubblicitarie non aiutano perché vanno a frammentare una narrazione che già di suo è spezzettata, ma quando -come in questo caso- il pubblico finisce per meravigliarsi di un qualcosa che invece dovrebbe appartenere al “normale e logico corso narrativo” ci si chiede se il non riuscire a guardare/seguire un prodotto del genere con la dovuta attenzione e quindi non essere quasi più in grado di mantenere unite e collegate nella nostra mente gli indizi seminati in attesa di essere raccolti in una puntata risolutiva, non appartenga invece ad un deficit ben specifico.

Io non credo si tratti solo di distrazione, dimenticanza di ciò che è stato mostrato in precedenza o finanche troppa frenesia nel postare in maniera compulsiva sui social qualsiasi tipologia di commento in tempo reale su ciò che si sta visionando, ma credo fermamente che il problema sia molto più grave e molto più esteso di quello che si crede e mi riferisco al sempre più dilagante fenomeno dell’Analfabetismo funzionale. Di cosa si tratta? Per dirla in maniera spicciola e anche molto terra terra, si definisce analfabeta funzionale chi possiede delle padronanze di base dell’alfabetizzazione (può e sa leggere, scrivere, esprimersi sia dal punto di vista grammaticale che di stile, svolgere calcoli matematici ecc) ma non è più in grado di comprendere, analizzare, formulare un pensiero critico e ricollegare contenuti all’interno di un discorso complesso.

A cosa è dovuto tutto ciò? Credo che la cosa sia riconducibile alla totale mancanza di investimenti sulla cultura: c’è bisogno di essere rieducati alla comprensione, rieducati alla lettura, rieducati al pensiero, al proprio pensiero partendo dall’analisi del pensiero altrui; c’è assoluto bisogno di riappropriarci della totale funzionalità delle nostre capacità per poterci definire totalmente liberi e senzienti e per farlo l’unica strada percorribile è lo studio, dedicare del tempo soprattutto alla lettura ché non è mai tempo perso, bensì è tempo prezioso che ci permette di comprendere, di analizzare e di non farci schiacciare dal primo individuo che si innalza a padrone del mondo.

3 Grazie per il tuo Tempo ed il tuo Amore