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Letteratura e genti di una terra che non conosco.
Per un lavoro di ricerca dal titolo “La ‘ndrangheta nella letteratura calabrese, nel cinema e nei social“, ho iniziato a raccogliere materiale, approfondire, studiare, ricercare e con sommo stupore sono emerse molte cose interessanti.
Proverò ad essere breve e diretta: riguardo al Cinema c’è ancora molto da fare. Solo i prodotti più recenti hanno una aderenza con la realtà e vanno ad eliminare quei cliché che da sempre rivestono queste tipologie di narrazione, ma c’è davvero tanto su cui lavorare, soprattutto ridare al Sud una visione che la scolleghi da quell’immaginario di gente confinata in un medioevo agreste insuperabile. Sul capitolo Social invece sono risultati davvero interessanti il rapporto e l’analisi che è possibile leggere direttamente sul sito della Polizia di Stato unitamente a qualche articolo giornalistico che, per sommi capi, riportano gli stessi punti: pagine social affidate a figure femminili per precisi ed ovvi motivi, quali ad esempio
- compagni impossibilitati a gestire i propri social network “causa” detenzione, oppure
- comunicazione direttamente affidata alla donna in quanto “più attraente”, “acchiappa like”
- alla donna è ancora attribuita una nuova metodologia comunicativa per “tramandare” idee, stili di vita, raccogliere manovalanza e reclute, vantare i propri uomini, tramandare codici e modus operandi, “educare” al loro pensiero e al loro punto di vista, ecc…
Ma sinceramente è sul capitolo Letteratura che sono emerse le maggiori sorprese.
Durante gli anni in cui ho frequentato le scuole dell’obbligo, nelle antologie gli autori più a Sud che si potessero trovare fra quelle pagine erano Pirandello e raramente Eduardo De Filippo. A quell’età non ti chiedi com’è possibile che non vi sia una cultura letteraria della propria terra, insomma non ne parla mai nessuno. Durante gli studi universitari t’imbatti in un Corrado Alvaro o in un Vittorio De Seta e poi? Possibile non vi sia altro materiale sulla Calabria?
Confesso che amo molto la lettura e per mia personalissima curiosità leggo di tutto e proprio questo tutto mi ha portato alla scoperta di nomi come Domenico Gangemi (Il giudice meschino, Einaudi 2009), Gioacchino Criaco (Anime Nere, Rubbettino 2008) e Carmine Abate (La festa del ritorno, Oscar Mondadori 2004) la cui scrittura però -a differenza degli altri due autori citati- non mi è mai piaciuta.
Insomma, per questo lavoro di ricerca mi imbatto nel libro La ‘ndrangheta nella letteratura calabrese di Pasquino Crupi, per la Pellegrini Editore 2013.
Il volume oltre ad una introduzione storico-linguistica, raccoglie i profili di ben 28 autori: quasi tutti della provincia di Reggio Calabria e la maggior parte di loro risulta essere autodidatta, di origini povere eppure desiderosi di narrare e denunciare -sia sotto forma di romanzi che di raccolta poetiche in vernacolo- le sorti di questa regione bistrattata, deturpata, violata, saccheggiata, bellissima, aspra e crudele (così come sono pure le sue genti!).
In tutta onestà, la scrittura del Crupi -giornalista e intellettuale di altissimo livello che ha ricoperto negli anni ruoli importanti e di prestigio- al di là dei capitoli storico-linguistici per i quali bisogna attenersi alle fonti, nel presentare gli autori a me non è piaciuto affatto. La sua scrittura è composta da tantissime frasi minime una accostata all’altra; il linguaggio da lui adoperato risulta essere alle volte barocco, proprio di chi vuole far emergere tutta la sua sapienza ma risultando “snob” e poco piacevole per il lettore; alcune espressioni utilizzate per presentare alcuni autori risultano essere contorte e glaciali, prive di tatto; presenti qua e là refusi sfuggiti sicuramente a chi ha revisionato il testo.
L’opera però ha un grande valore socio-culturale: che io sappia (e se così non fosse, saranno apprezzati suggerimenti e segnalazioni) questa è l’unica opera che sono riuscita a reperire che raccoglie una vasta gamma di autori calabresi. Questa ricerca seppur in pillole, potrebbe fungere da base per un lavoro universitario o una pubblicazione sull’argomento ampliandone tematiche ed analisi, insomma potrebbe essere una buona fonte per poter poi approfondire questi svariati autori e le svariate tematiche contenute all’interno delle loro opere.
Non si parla di e non si denuncia solo la ‘ndrangheta, ma si affrontano tematiche quali l’emigrazione, i riti e le tradizioni storico-popolari, recupero della memoria storico-civile, ecc… E questi romanzi, alcuni anche di genere “realismo magico“, questi versi, queste storie (realizzate in diverse epoche) ci mostrano una terra e delle genti che non solo non si conoscono, ma che rimarcano lati ed aspetti ben diversi dai soliti cliché mostrati in tanti, troppi prodotti cinematografici fatti male.
2 Grazie per il tuo Tempo ed il tuo Amore
Carissima,
ho apprezzato la sua riflessione, personale, la sua prospettiva, da considerare e non da sminuire. Ci sarebbe molto da discutere, nella Calabria con investe in cultura, nonostante i tre poli universitari, ci si domanda dove sono gli intellettuali? Dove sono quei critici che cercano di svegliare le menti? Ci sono menti pensanti, ma fanno la vita di monaci, nelle grotte, in silenzio, hanno paura. Mi piace l’espressione “genti”, non perchè io detesti l’unità culturale della Calabria, ma la pluralità ha la dimensione della ricchezza. Le Calabrie, e non la Calabria, perchè ci sono molte realtà autonome, ancora oggi, i calabresi vivono distanti, la Calabria non è una piccola regione. ma dal Pollino all’Aspromonte, come la temperatura e la fauna, c’è una biodiversità. Quello che mi preme evidenziare è che i comuni dovrebbero valorizzare autori locali, le università e le scuole dovrebbero valorizzare la cultura locale. La Calabria non è solo cedro, limoni, bergamotto, ‘nduja, è di più, anche se la gastronomia può essere un veicolo culturale e sociale nel mondo. Sei le Calabrie si incontrassero, ecco la rivoluzione copernicana tanto attesa, progettando percorsi di valorizzazione delle proprie identità, raccontandosi, si prenderebbe coscienza che calabresi si nasce e si diventa, altrimenti si sventolano bandiere a caso. E per non parlare dell’argomento,emnto ‘Ndrangheta ….
Carissimo DonLee,
la ringrazio per il suo commento e la sua riflessione. Certo un articolo di questo genere non può essere esaustivo dell’argomento/degli argomenti citati, ma vuole -nel suo piccolo- dare motivo appunto di ragionamenti e perché no, di curiosità. Il discorso è molto ampio e complicato: purtroppo sentiamo sempre tante parole ma ben poche cose fatte nel concreto. Dovrebbe poter nascere un pensiero comune, una spinta comune con l’unico intento di risollevare le sorti comuni…ma finché non ci sarà questo “moto rivoluzionario univoco” sarà molto difficile, se non impossibile sovvertire le sorti di questa terra. Riguardo alle scuole so che in alcuni istituti si sono introdotte delle ore specifiche di “letteratura calabrese”, sempre pochissimo ma è pur sempre un inizio. Riguardo agli intellettuali: non sono d’accordo con lei sull’idea della loro possibile “paura”. Secondo me non si tratta di paura, quanto di “solitudine” profondissima in cui questi intellettuali versano, mentre intorno si ride e si tengono d’occhio solo gli interessi personali in qualsiasi settore.