Lasciarsi un giorno a Roma, il nuovo film di Edoardo Leo.

Partiamo subito da una confessione: cerco di evitare la visione sui “film di coppia” o per lo meno di ritardarne la fruizione il più possibile, primo perché non li sopporto (alla fine tendono ad assomigliarsi un po’ tutti con i loro cliché triti e ritriti) e poi perché “paf!“, esce fuori lo sceneggiatore sadico che è in me ed inizio a blaterare come una vecchia inacidita sulla bruttezza di determinate scene e sulle ipotesi di come le avrei scritte io.

Poi però compare la voce della mia coscienza nei panni di Dario Brunori che mi canta:

canzoni che parlano d’amore perché alla fine dai, di che altro vuoi parlare?

e quindi, abbracciando la mia superficialità, mi arrendo alla visione.

E nel caso di Lasciarsi un giorno a Roma ero ancora più scettica del normale per via di varie motivazioni: ho una “cotta” per Edoardo Leo sin dai tempi non sospetti di Marcello ne Un medico in famiglia, mi piace molto il modo in cui scrive Marco Bonini, conosco lo sceneggiatore Damiano Brué (mio prof❤️!) e mi sarebbe troppo dispiaciuto dover “intaccare” negativamente una di queste figure -o tutte e tre, che sarebbe stato ancora più traumatico- ma… ma in questo caso queste paturnie, questi preconcetti, non hanno senso d’esistere.

Ho trovato l’opera prodotta da Fulvio e Federica Lucisano e distribuita dalla Vision Distribution dalla durata di 116minuti, davvero molto interessante.

Mi ha convinto l’idea di proporre due coppie “sull’orlo di una crisi di nervi“, pronte ad odiarsi per quanto si amano, con Elena/Umberto (eccezionale Claudia Gerini e sempre centrato Stefano Fresi) contrapposti a Tommaso/Zoe (Edoardo Leo nei panni di un impegnato scrittore e Marta Nieto, una rigida manager ambiziosa).

Una coppia parla troppo ma senza realmente dirsi le cose importanti e l’altra che invece non parla affatto pensando di comunicare.

La storia parte dal quasi finale, per poi essere presentata sottoforma di capitoli con citazioni (azzeccate anche queste e quindi il mio plauso va agli sceneggiatori, ai quali aggiungo Lisa Riccardi, non citata in precedenza): il tutto si srotola sempre più vorticosamente ma non è per nulla pesante, merito questo dato dalla commistione dei generi (amo scrivere e vedere il drammatico che si mischia fluidamente al comico come unica e naturale metodologia per poter narrare il dolceamaro della vita e del reale).

In una sua celebre canzone, Vinicio Capossela si interroga su “che coss’è l’amor“: forse dovremmo fare come lui, chiedendolo al vento perché a questa domanda è impossibile dare una risposta: vanno tutte bene, come tutte possono essere sbagliate. Ma in fin dei conti ha ragione Leo che ai personaggi Franco e Maria -marito e moglie, portieri del palazzo in cui abitano Tommaso e Zoe- che festeggiano 50anni di matrimonio, fa dire in due scene differenti:

  • Franco: è venerdì, Maria fa la zuppa di cipolle.
  • Tommaso: Ti ringrazio, ma non è proprio il mio piatto preferito
  • Franco: E nemmeno il mio! Anzi, a me fa proprio schifo, però me lo fa da quando siamo fidanzati e io non ho avuto il coraggio -dal ’69- di dirglielo e adesso mi tocca pagà sta tassa da 50anni!

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  • Maria: devo mette su la zuppa di cipolle.
  • Zoe: Adoro la zuppa di cipolle!
  • Maria: so 50anni che Franco me la chiede, da quando eravamo fidanzati e non so come dirglielo che a me me fa schifo! Tu devi vedè come se la gode…
  • Zoe: 50anni di zuppe di cipolle!
  • Maria: L’ho preso per la gola!

Seconda scena per me memorabile oltre a quelle appena citate, è quella che va dal minuto 1:01:30 al minuto 1:03:40: meravigliosa, perfetta (capirete di più vedendo il film, non aggiungo altro)!

Scrivendo del film mi è venuto in mente una recente intervista a Luca Argentero, il quale ha dichiarato:

nella carriera da attore esiste un prima e un dopo Ferzan Ozpetek

ecco, mi piace pensare che questa verità valga anche per Edoardo Leo, che dopo esser stato protagonista (assieme a Stefano Accorsi) dell’opera La Dea Fortuna proprio di Ozpetek, ne ricorda in Lasciarsi un giorno a Roma il tocco registico delicato e mai sguaiato, in grado di presentare e proporre personaggi caleidoscopici inseriti in un dato e definito mondo, con musiche azzeccatissime a sottolineare gli eventi e i tumulti, il tutto accompagnato da una fotografia bellissima, calda e avvolgente affidata a Fabio Zamarion da contrapporre alla freddezza dei rapporti.

Insomma, per concludere: il film va visto e se non lo avete ancora fatto lo trovate su NowTv e Sky più qualche sala cinematografica a Roma e poi beh:

Ognuno ha il finale che si merita.

2 Grazie per il tuo Tempo ed il tuo Amore