(Articolo del 18 marzo 2015)

Il lungometraggio – della durata di 81 minuti – è prodotto da Marianna De Lisio per Kinesis Film in collaborazione con RaiCinema e distribuito da ASAP Cinema Network; inoltre, il film è stato riconosciuto di interesse culturale con il contributo economico del Ministero dei Beni Culturali e del Turismo – Direzione generale per il Cinema.

Il film – che vede fra i suoi interpreti attori del calibro di Valeria SolarinoLorenza Indovina, Antonia Daniela Marra, Ninni Bruschetta e Francesco Colella – narra dell’entità ‘ndranghetistica attraverso gli occhi delle donne.

Donne come il magistrato Vittoria (Solarino) che lascia volutamente il nord per iniziare la sua carriera a Lamezia Terme; Assunta (A. D. Marra) e Caterina (Indovina) sorelle entrambe legate non solo a uomini che fanno parte di «famiglie» appartenenti alla ‘ndrangheta, ma che dalla «famiglia» stessa sono totalmente assorbite sino quasi a non esistere più, pur dovendo prendere alla volte le redini di intere organizzazioni (nel momento in cui ad es., i loro uomini vengono uccisi o sono latitanti).

Nel titolo dato all’articolo, parliamo di una Calabria dai due volti e questo passaggio nonché aspetto antropologico lo spiega molto bene, in un’intervista in merito al film, Mons. Bregantini:

da un lato vi è il volto antico, quello di una Calabria che nella sua storia ha visto per davvero molti Santi essere originari di questa terra, e poi c’è il volto di donna: come di chi sopporta lo strazio e il tormento, ma che allo stesso tempo è desideroso di reagire

Pertanto, chi immagina di vedere ancora una volta sullo schermo quelle scene alle quali determinate serie tv e film per il piccolo schermo che trattano lo stesso genere ci hanno così tanto abituati, forse rimarrà un po’ deluso.

Ciò che emerge più di tutto è la rabbia molto forte di chi – le donne, appunto – appare come scisso e profondamente logorato nello spirito: come poter rinnegare le proprie origini? Come poter continuare ad abitare di fianco a chi ha ucciso e quindi strappato via per sempre un amore (marito, figlio) che non tornerà mai più indietro?

Questa geografia di luoghi aspri e taglienti, non da cartolina del Sud e sapientemente realizzati attraverso una fotografia dalle tonalità a tratti fredde affidata a Federico Annicchiarico AIC, si mescola alla geografia degli occhi annientati di chi non è stato educato sin da piccolo ad una prospettiva di una vita bella e libera e il lavorio di una mentalità insana, ha portato ad una graduale perdita del libero arbitrio e conseguente annientamento di sé.

Nel film si giunge a parlare dell’estrema decisione di voler togliere «la patria potestà» alle madri mafiose: è giusto? Non è giusto? Il film non da soluzioni, ma riflessioni in merito e di sicuro sarà grande fonte di dibattito.

In un’intervista rilasciata dal regista al settimanale d’informazione dell’Arcidiocesi di Cosenza-Bisignano, “Parole di Vita”, Muraca afferma che:

il film non è contro qualcuno e non è un film di denuncia. È piuttosto un atto d’amore a tutti i miei conterranei, nessuno escluso”.

È un film necessario che merita di essere visto, sia per apprezzare un ottimo testo che Muraca ha realizzato a quattro mani con la sceneggiatrice Monica Zapelli (I cento passi, Almast Blue, Maria Montessori, Enrico Mattei) sia per ponderare e finalmente aprire spiragli di riflessione su condizioni e problematiche di cui spesso e volentieri non se ne conosce il tormento o più semplicemente “non è bene” ragionare su taluni argomenti.

2 Grazie per il tuo Tempo ed il tuo Amore