Interno – Cattedrale di Cassano allo Ionio – Giorno

 

Mattinata afosa, caldissima, una cappa di sabbia aleggia sulle nostre teste, la temperatura in macchina arriva a sfiorare i 40°. Io, il diacono Angelo e Don Leonardo partiamo all’avventura nonostante questa mancanza d’aria e anche di scarpe: e sì, perché i miei sandali si sono scollati e ho dovuto ripiegare su delle ballerine. Insomma, se questo era il buongiorno… ma non mi scoraggio, c’è fermento nell’aria, eccitazione ed io non voglio perdermi questa elettricità positiva.

È una giornata particolare: esattamente sette anni fa, Papa Francesco nella sua visita in Calabria disse con forza il suo no alla ‘Ndrangheta, urlò la sua scomunica: ché
la corruzione spuzza!“, “la ‘Ndrangheta è adorazione del male e disprezzo del bene comune -e ancora- è un male che va combattuto, va allontanato; gli uomini di ‘Ndrangheta non sono in comunione con Dio, sono scomunicati e la Chiesa deve sempre più spendersi perché il bene possa prevalere.

Per rivivere e ricordare questo storico evento e queste parole, ma anche per infervorare questi sentimenti duri e necessari che dovrebbero appartenere a tutti, è stato invitato -nella Cattedrale di Cassano- Don Luigi Ciotti, fondatore di Libera: e chi meglio di lui per poter trattare queste tematiche!

Ho preso parecchi appunti e scattato alcune foto, ma la cosa che più mi ha colpita è stata la voce di Don Luigi: è la prima volta che lo vedo e lo ascolto dal vivo e la sua figura esile, dal volto gentile, quasi timido a prima impressione, che si definisce “laureato in scienze confuse“, non immaginavo lasciasse prorompere una voce ipnotica, mai esagerata -nemmeno nei punti più carichi di vissuto e di ammonimenti- bensì impetuosa e travolgente.

Nel ricordare la scomunica di Papa Francesco, Don Ciotti ha detto una cosa importantissima e nella quale credo fermamente:

Il NOI è fondamentale, bisogna credere nel noi, non nei monologhi dell’IO perché SPERARE si declina al plurale.

 Un po’ tutti, ma in modo particolare il popolo calabrese, deve darsi una scossa e che per farlo c’è bisogno di tutti, non solo della magistratura e delle forze dell’ordine. Così come c’è bisogno di riconoscere gli errori, senza avere paura di condividere quello che non va affinché quello che va possa andare sempre meglio. Così come c’è bisogno non soltanto di cogliere il positivo che c’è intorno e gioire per le iniziative che possono nascere (a patto che siano vere!) e soprattutto dovremmo educarci e rieducarci alla bellezza.

Non è in alcun modo accettabile e ben che meno tollerabile una normalizzazione del fenomeno e mafioso e ‘ndranghetistico: non si può far finta che oggi tali fenomeni siano meno gravi di un passato poi non così tanto lontano o che addirittura non esistano più. Don Ciotti ha poi aggiunto che “lotta alla mafia vuol dire cultura, vuol dire scuola, vuol dire memoria come rivoluzione culturale per cambiare cuore e mente, ma vuol dire anche diritto alla salute” e che oggigiorno “non si uccide solo con le armi, ma anche dando miliardi e respingendo migranti“: un po’ il pensiero che già Don Tonino Bello esprimeva nel 1992 nei confronti dell’Europa: “da CASA comune a CASSA comune“.

Verso la conclusione del suo intervento Don Luigi ha esortato a collaborare:

non importa se arriva fango addosso perché bisogna lottare per il bene comune, pretendere il diritto alla verità e che per non far insinuare la rassegnazione c’è bisogno di coraggio, di far sentire la propria voce per essere annunciatori di speranza, non di appiattimento.

La mattinata di oggi è stata davvero rigenerante, ricca di confronto, stimolante… forse ecco, se proprio dobbiamo andare a trovare dei punti negativi, avrei voluto vedere in Cattedrale non solo qualche giovane in più, ma soprattutto qualche parroco in più: la Chiesa non può sottrarsi o voltarsi altrove quando si affrontano questi argomenti, non può esserci silenzio in certi luoghi: i preti così come i medici, stando sul territorio dovrebbero capire la “patologia” e aiutare concretamente non soltanto denunciandone il fenomeno o continuare a macerare nel precetto gattopardesco del “tutto cambia affinché nulla cambi”.

A conclusione degli interventi, il Vescovo Francesco Savino ha esortato i presenti alla Speranza, che deve essere organizzata, costruita come movimento di popolo senza confinamento.

Il magistrato Rosario Livatino -assassinato dalla Stidda su una strada provinciale di Agrigento e beatificato lo scorso 9 maggio 2021- diceva che “non conta essere cristiani, conta essere credibili” e così ripenso alle mie scarpe sfasciate e a quelle sostitutive che invece mi calzano a pennello e dai miei piedi risalgo verso le mani… quelle mani che sono tutto e dovrebbero indicare il cammino e come dice il padre della protagonista nel film di Fabio Mollo del 2013 “Il Sud è niente“:

“La verità? Vuoi la verità? Guardati le mani che sono la verità!

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