Quando un film non é Cinema.

Domenica a casa di amici: ci si racconta, si cena, si ride, si ragiona su svariate cose e poi si decide di vedere un film. La scelta é dura e poco stimolante: un po’ perché -della piattaforma in nostro possesso- il catalogo 2019 lo abbiamo terminato e un po’ perché il catalogo 2020 (causa pandemia) non é che offra chissà che cosa. Alla fine optiamo per il genere commedia, illudendoci di ridere prima o poi. Vediamo qualche trailer e alla fine optiamo per Il Regno:

 

 

opera prima di Francesco Fanuele (già cortometraggio di diploma al Centro Sperimentale di Cinematografia) con Stefano Fresi nel ruolo di Giacomo e Max Tortora nel ruolo dell’avvocato Sanna. La Fandango colpita dal cortometraggio, ne acquista tutti i diritti per trasformarlo in un film.

Ora, sarò acida e odiosa, ma per i “non addetti ai lavori” é d’obbligo chiarire due concetti importantissimi:

 

  1. Film: si intende una serie di immagini che, dopo essere state registrate su uno o più supporti cinematografici e una volta proiettate su uno schermo, creano l’illusione di un’immagine in movimento.
  2. Cinema: con questo termine si definisce l’arte di stimolare delle esperienze per comunicare idee, storie, percezioni, sensazioni, il bello o l’atmosfera attraverso la registrazione o il movimento programmato di immagini insieme ad altre stimolazioni sensoriali.
A questi due concetti, ne va aggiunto un terzo che (per chi come me si occupa di Sceneggiature) é LA regola universale non scritta ma che DEVE essere rispettata, é LA sola “religione” che un autore deve perseguire: per avere una Storia, una Trama deve esserci CONFLITTO. Se questo manca non hai una trama, non hai una storia, non hai un’opera cinematografica. Il CONFLITTO é tutto perché -diamine!- qualcosa dovrà pur succedere, no?!
 
Perdóno i finali aperti, perdóno i finali sbagliati o non soddisfacenti, perdóno persino l’abuso di flashback in alcuni casi perché almeno -nonostante tutte queste cose- si ha più o meno un filo logico da seguire e che da qualche parte ci porta. Ne Il Regno, non c’è nulla di tutto questo! Nemmeno lontanamente l’ombra di tutto questo é possibile ricercare… e allora che cosa abbiamo visto?
 
Bella domanda. Al massimo, ma proprio a voler essere magnanimi, si é assistito ad un incipit (!!!): Giacomo alla morte del padre eredita tutti i suoi possedimenti sui quali aveva creato un regno medievale. Punto. Stop. Nient’altro. E quindi? Un incipit fa cinema? No. Nella maniera più assoluta.
Tutto ciò che viene dopo questo inizio buttato lì come una cosa scontata, non é altro che una maldestra forma di possibilità, di eventualità che non vengono affrontate, non vengono chiarite, non sono nemmeno credibili e plausibili. Insomma, abbiamo assistito ad una mera concatenazione di immagini in movimento tenute assieme da un montaggio molto basico che nulla vogliono dire né direttamente e né indirettamente.
 
Manca una Struttura, non vi é una Trama, nemmeno con l’immaginazione più fervida é possibile rintracciare una sottotraccia dato che La Traccia principale non é nemmeno una traccia, ma appunto un abbozzo di ciò che potrebbe essere.
 
A questo punto sarei curiosa di visionare il cortometraggio da cui tutto é partito: cos’è che indotto la Fandango a scommettere su questo prodotto? Perché, per quello che si é visto, c’era ancora tanto, ma tanto da lavorarci sopra. Il protagonista per tutta la durata non fa altro che chiedersi “perché?“. Già, “perché?” é la stessa cosa che si chiede chi visiona questo prodotto. Se fossimo andati al cinema credo avremmo chiesto il rimborso del biglietto.
 
Non può definirsi commedia un qualcosa solo perché prevede nel cast attori di stampo comico! Vi era umorismo? No. Ha un lieto fine? No. Fa ridere? No. Erano solo immagini con un incipit. E se questo é il modo di “concepire storie”, allora il Cinema italiano non é in coma, ma é bello che morto!

 

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