rappresentazione grafica del mito della caverna di Platone (raccontato all'inizio del libro settimo de La Repubblica)
L’Italia è una nazione talmente strana che negli ultimi tempi sembra affetta da una forma acuta di “psicosi maniaco-compulsiva” o anche detta “disturbo bipolare”. I cambiamenti del tono dell’umore sono sempre più spesso non prevedibili, estremi, incontrollabili, eccessivi. Certo, analizzare la realtà che si sta vivendo è sempre complicato, alle volte impossibile e servirebbe quindi un occhio esterno e non coinvolto.
 
Ma se per “diletto” volessimo tentarla questa analisi, basterebbe semplicemente accedere ad un canale social. Il più diretto ed immediato, che fornisce commenti in tempo reale è senza ombra di dubbio twitter.
Su questa piattaforma è semplice seguire persone d’ogni provenienza, estrazione sociale, ruolo e professione; attraverso gli hashtag (le parole poste in evidenza attraverso l’uso del segno grafico “cancelletto”) è possibile non solo leggere i commenti su questo o quell’altro argomento, ma ci forniscono gli umori e sempre più spesso i malesseri di questo nostro presente.
 
Quello che risalta immediatamente all’occhio è il livore espressivo e le contumelie adoperate. L’utilizzo di una violenza espressiva inaudita, sino ad alcuni anni fa. A cosa è dovuto ciò? Faccio alcune ipotesi:
 
  1. Pochi caratteri utilizzabili per esprimersi, tanto vale usufruire subito di un linguaggio scurrile e ci si toglie il pensiero, no? (!)
  2. La distanza e l’anonimato: sulle “piazze web” queste diventano erroneamente scudi con i quali sentirsi invincibili e protetti perché si ha l’illusione di non incorrere in una “scazzottata fisica”.
  3. Assoluta mancanza -in ogni campo- di un contraddittorio rispettoso, educato e che sappia motivare scelte, commenti, argomenti.
 
Queste mancanze sono ancor più ingigantite da:
  1. Rifiuto e avversione verso ciò che è “altro da noi“.
  2. Totale assenza della curiosità, che dovrebbe farci pendere verso l’approfondimento e ancor prima, verso la conoscenza di ciò di cui si sta parlando.
  3. Una deriva di Pensiero. Sempre più spesso si parla a vanvera senza cognizione di causa e ancor peggio, “per sentito dire” negandoci di fatto la possibilità di esprimere un nostro proprio pensiero scevro da vaghi concetti aridi di contenuto e uditi chissà dove.
  4. Morte del Linguaggio. Sempre più spesso si è incapaci non di azzeccare un congiuntivo, bensì di esprimerci attraverso la formulazione di frasi minime di senso compiuto.
  5. La punteggiatura: questa sconosciuta!

In questa “libera circolazione d’ogni”, non si è più in grado di scindere il vero dal falso, un raggiro da una opportunità, una critica costruttiva dalla pochezza di insulti. Esempi lampanti di questi punti, sono gli eventi mediatici ai quali abbiamo assistito in questi ultimi giorni: Sanremo 2019 e Il Commissario Montalbano.

 
Ci si è indignati per i fischi rivolti al vincitore del miglior duetto della kermesse canora, ma si è negato di aver pronunciato determinate bestialità nei confronti di quattro ragazzi dello stesso festival o ancora, si è giustificato quello scempio verbale perché “dovuto”. Per Montalbano le cose non sono andate meglio, anzi: la puntata de L’altro capo del filo più che catturare per la complessità degli eventi, sul web è diventata motivo di scontro politico, travisando completamente il contestualizzare un determinato periodo storico. Eppure, mi sembra evidente che la trasposizione cinematografica sia stata aderentissima al romanzo, riuscendo a rendere in immagini quella stanchezza, quella lentezza, quell’amarezza e quello sconforto che Montalbano e i suoi uomini provano fra le pagine dei libri di Camilleri.
 
Già, i libri. Forse tutto ciò è apprezzato e compreso da chi i libri li ha letti. Per tutti gli altri è stato un motivo per puntare il dito e utilizzare paroloni di cui -forse- non si conosce neanche il significato. Allora bisognerebbe ritornare a leggere (non solo il Maestro Camilleri), ritornare a istruirsi, a formare menti e coscienze. Ritornare a recuperare noi stessi attraverso anche l’utilizzo di una lingua corretta e la formulazione di pensieri autentici, scrollati dal velo pesante della violenza e dell’ingiuria.
 
Bisognerebbe tornare ad un punto zero dell’espressione; bisognerebbe tornare ad interrogarsi. Bisognerebbe invocare un blackout totale e prolungato per riacquistare aderenza con la realtà, con la formulazione di pensiero e la riscoperta del linguaggio nella sua massima espressione.
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