In questo deserto televisivo che si va ad offrire al pubblico del piccolo schermo (dove l’unico “avamposto di divulgazione culturale” ancora a resistere è l’offerta che propone Alberto Angela con il suo gruppo di lavoro), ho atteso con trepidazione il ritorno di Insider – Faccia a faccia con il crimine di Roberto Saviano. Dopo una prima stagione che ha suscitato l’attenzione di molti, dapprima si rinnovò il programma per una seconda stagione, poi subì delle variazioni in palinsesto sino a sparire del tutto dalla programmazione, finché con le sollecitazioni e le raccolte firme si è stati “costretti” a trovargli uno spazio in palinsesto e sebbene questa finestra di fine estate -a mio parere- forse non sia delle migliori per le tematiche che vengono affrontate di puntata in puntata, apprezziamo il fatto che si sia riprogrammato il tutto. E ciò fa piacere non solo nei confronti di Saviano e del suo impegno, ma mostrare queste puntate è importantissimo innanzitutto per chi le guarda (così da poter apprendere cosa muove taluni individui a perseguire determinate azioni, conoscere e quindi prenderne le dovute distanze), ma anche per chi ha lavorato al programma e ha contribuito alla sua riuscita: almeno il riconoscimento della messa in onda glielo si deve.

La prima puntata di questa seconda stagione di Insider è andata in onda lo scorso 2 settembre ed è possibile rivederla su RaiPlay seguendo questo link (i 5 appuntamenti ci terranno compagnia per tutto il mese di settembre ogni lunedì alle 21.20 su Rai3).

Non ho dalla mia una conoscenza approfondita della materia e i miei studi universitari mi hanno portato a seguire tutt’altro percorso formativo, ma da sempre la passione per i romanzi gialli, il crime ed anche l’enorme fortuna che ho avuto pochi anni fa di affiancare l’allora direttore dell’Ufficio per la Legalità e la Dignità Umana presso la Diocesi di Cassano all’Jonio, mi hanno permesso di poter ascoltare testimonianze, prendere parte a conferenze, ascoltare e conoscere sia vittime della ‘ndrangheta che voci autorevoli come quella di Don Luigi Ciotti e del magistrato Nicola Gratteri, però mi sono sempre chiesta cosa scatta nella mente criminale? Cosa induce un individuo in apparenza lontanissimo da questa “realtà parallela” a volerne fare parte? E Roberto Saviano questo lo spiega molto bene, anzi, lo fa dire proprio ai suoi interlocutori.

In questo primo appuntamento Saviano ha dialogato con Antonio Patti: affiliato della mafia siciliana negli anni ’80/’90, spietato killer e fedele “capo decina“, divenuto successivamente collaboratore di giustizia confessando 38 omicidi. Ciò che sin dall’inizio dell’intervista mi ha maggiormente sconcertata è l’assoluto “candore”/tranquillità con cui Patti narra di cose agghiaccianti, con la stessa modalità con cui un qualsiasi individuo narrerebbe delle sue vacanze estive o della spesa da fare al supermercato… insomma, come se ogni sua parola fosse un qualcosa di “normale”! Con Patti si ebbe la prima testimonianza della cosiddetta “punciuta” (dopo circa due secoli di silenzio sull’argomento), ossia si viene a conoscenza del rito di iniziazione per i membri di Cosa Nostra con le formule da pronunciare e del “decalogo del perfetto mafioso” (tutto materiale che poi sarà rinvenuto in un blitz nel 2007 che portò all’arresto di Salvatore Lo Piccolo). Patti afferma che al massimo, il suo guadagno veniva speso in qualche abito griffato e che nonostante la sua famiglia non avesse dei legami con la mafia ma anzi suo padre ne ripugnava ogni cosa, lui ne subiva la fascinazione come se quei personaggi -ai suoi occhi di fattura mitica- di cui ascoltava le gesta narrate dai cantastorie erranti lo stessero chiamando. Nell’ascoltare i racconti degli omicidi, delle stragi, degli agguati, siamo sempre abituati a prestare attenzione alle vittime, mentre risulta difficile calarsi nei panni del carnefice: e come potremo riuscirci? Come comprendere sino in fondo cosa viene generato nella mente di chi anche solo per desiderio inconscio di migliorare il proprio livello sociale, cerca di farsi notare da famiglie mafiose. E poi questa scia di sangue infinita, raccontata con dovizia di particolari e come se nulla fosse da chi in gioventù sognava di divenire gelataio! Il gelato con la sua dolcezza e semplicità che d’improvviso acquista un sapore ferruginoso, amaro, acre, immangiabile.

Fascinazione, seduzione di una vita agiata e senza fatica, nessun valore per la vita altrui, una sorta di credo radicale che va ad intaccare gli ingranaggi più invisibili della mente e dell’animo di chi crede di non avere una alternativa o si illude di credere in questo Stato-altro dove sembra che giustizia e ordine vengano sempre rispettati. Per questo c’è assolutamente bisogno di programmi come Insider, per questo c’è bisogno di studiare, approfondire, denunciare e creare bellezza e possibilità attorno a noi, affinché questo buio senza fondo fatto di lunghe scie di sangue non si insinui e non possa mai vedere la luce -che c’è anche se debole- nelle crepe della nostra esistenza.

3 Grazie per il tuo Tempo ed il tuo Amore